Si tratta della quinta e ultima delle cinque meta-competenze.
Il termine responsabilità deriva dal latino "respònsus", participio passato del verbo respòndere, rispondere.
Possiamo dunque considerare la responsabilità come impegno a rispondere, a qualcuno o a se stessi, delle proprie azioni e delle conseguenze che ne derivano.
Ma è giusto che sia così? Siamo davvero responsabili di tutte le nostre azioni? Non ci sono forse scelte obbligate? Non siamo forse condizionati dal "sistema"?
I grandi pensatori del novecento hanno posto l'accento su questi aspetti: le nostre azioni sono fortemente condizionate da elementi psicologici inconsci e da elementi sociologici e storici. Frued e Marx hanno scritto memorabili pagine in ordine a ciò.
La semplificazione di questi pensieri, ha determinato nell'era moderna una crescente tendenza alla deresponsabilizzazione individuale: le responsabilità sono spesso ricercate unicamente nei modelli educativi, nei condizionamenti ambientali, nei vincoli sociali. Così, il non dipende da me è diventato un facile refrain che ha in larga misura caratterizzato il nostro tempo. L'epoca trepuntozero ci chiama a un nuovo atteggiamento fondato sulla consapevolezza di poter andare oltre i condizionamenti dell'inconscio e dell'ambiente.
Cosa determina le nostre azioni?
Un elemento spesso sottovalutato, invece centrale e determinante, è rappresentato dal DNA. Ogni individuo è fatto a modo suo perché dispone di un DNA personale, unico e irripetibile. Guai a dimenticarsene! Quando ce ne dimentichiamo, ci comportiamo come se gli individui fossero partiti tutti dalla medesima base e possano quindi essere indotti verso qualunque scelta, strada e destino. Non è così e questa consapevolezza ci riguarda nel nostro ruolo di manager, ma anche di genitori e, in generale, di abitanti del Pianeta. Anche per questa ragione sostengo, come già detto, che i genitori abbiano meno meriti e meno colpe di quante gliene vengono normalmente attribuite.
Ma allora, da dove deriva la possibilità degli individui di andare oltre? L'interrogativo contiene qualcosa di misterioso e profondo e forse di spirituale. Gustav Kaeser diceva che non è così importante ciò che ci viene messo nella culla, quanto lo è l'uso che ne facciamo.
Ciò che ci viene "messo nella culla", riguarda il nostro DNA e l'ambiente sociale, culturale ed economico in cui cresciamo. Non scegliamo né l'uno né l'altro, ci viene messo nella culla, appunto.
Ma che uso ne facciamo? Cos'è che ci fa decidere che uso farne? Possiamo scomodare parole come "coscienza" o come "libero arbitrio". Preferisco più semplicemente fare un'affermazione: ogni individuo è libero di scegliere, in ogni circostanza, che atteggiamento assumere.
In questo senso, ogni individuo possiede la capacità di andare oltre i condizionamenti biologici e ambientali, in quanto sostanzialmente libero.
Da questo punto di vista, l'uomo trepuntozero, consapevole di ciò, sa assumersi la responsabilità personale di ogni scelta. Non appartengono al suo linguaggio espressioni come non potevo fare altrimenti oppure non avevo altra scelta. Egli sa che certamente può sempre "fare altrimenti". Sempre e in ogni situazione. Ogni azione corrisponde a una scelta e ogni scelta presuppone un certo uso di ciò che ci è stato messo nella culla.
Con tutto ciò, non intendo proporre la retorica del "ognuno può ottenere qualunque risultato". Non é vero. È vero che chi nasce tondo, non può morire quadro. È vero però anche che chi nasce tondo, può diventare il miglior tondo possibile. So anche che gli individui non sono liberi di plasmare la realtà a proprio piacimento. Ognuno di noi può però scegliere come relazionarsi di fronte a questa o quella realtà, questo si.
Occorre insomma imparare a coniugare l'umile rispetto verso la complessità della realtà, con la nostra libera possibilità di influire. Questo atteggiamento ci abilita a un compiuto esercizio di responsabilità individuale.
Da questo punto di vista, suonano illuminanti le parole di Sant'Ignazio: prega come se tutto dipendesse da Dio e agisci come se tutto dipendesse da te.
La consapevolezza della propria libertà e della responsabilità delle proprie scelte, porta a una maggiore coerenza e integrità nel portare avanti la propria missione personale, in ogni ambito, non solo professionale.
Questa consapevolezza ci rende più protagonisti della nostra vita e ci fa guardare più benevolmente agli altri: i successi degli altri derivano dalle loro libere scelte e non da fattori esterni. Questa consapevolezza ci libera dunque da ogni alibi.
Dal punto di vista manageriale, il principio al quale ispirarsi al fine di testimoniare la propria responsabilità individuale, è il seguente: Scegli che leader vuoi essere. Non ricercare il successo in modelli che non ti appartengono.