Fra le Meta-Competenze che ci aiutano a vivere consapevolmente la nuova epoca, il primo posto va senz’altro riservato all’apertura mentale.
La mente umana è come un ombrello: funziona meglio quando è aperta. Con questo aforisma, James Dewar, fisico britannico vissuto a cavallo fra l'800 e il 900, celebrò l'importanza dell'apertura mentale.
Ma cos'è davvero una mente aperta? È una mente plurale, non singola; arcobaleno, non tinta unita; cangiante, non statica. È soprattutto una mente che non esclude, che esplora, che sa unire e non ama dividere, che collega e non separa.
Una mente aperta non rimane uguale a se stessa, non ha paura di nuovi punti di vista e ama leggere oltre gli stereotipi. Una mente aperta rifiuta un'idea di coerenza tutta racchiusa nei rimpianti del nostalgico, dell'uomo tutto di un pezzo che sta fermo nel divenire del mondo. Chi guarda al mondo con mente aperta, proprio per mantenere coerente il suo rapporto col mondo, sa cambiare col divenire del mondo.
Una mente aperta è in continua esplorazione del bello che si nasconde negli altri e nei loro diversi comportamenti e punti di vista.
Una mente aperta è infatti versatile, di volta in volta capace di apprendere nei più diversi ambienti culturali e contesti.
Una mente aperta sa dunque comunicare in molti modi e sa interagire con persone provenienti da culture differenti. Sa che non vi è un unico modello per vivere, ma che vi sono al contrario molti modi diversi a seconda di vincoli e opportunità dell’ambiente. Incontra culture diverse, con lo stesso atteggiamento di chi esplorasse un lontano pianeta: gusto della scoperta, assenza di pregiudizio.
Di fronte alle scelte difficili, quelle che chiamiamo "dilemmi", una mente aperta non fa sconti, non cerca scorciatoie, si interroga fino in fondo, esplora ogni possibilità, scruta fra le pieghe dei ragionamenti, va oltre i facili slogan omologanti. La mente aperta vive di poche certezze e convive col dubbio.
Di fronte a un dilemma etico, la mente aperta non urla e vive con angoscia la presa di posizione.
Penso che i veri dilemmi etici non riguardino le scelte fra il "bene" e il "male", ma quelle tra forme diverse di bene. Da questo punto di vista, la contraddizione principale che caratterizza i diversi atteggiamenti di fronte alle questioni etiche, è fra chi sceglie mantenendo il seme del dubbio e chi al contrario urla la sua scelta come l'unica accettabile. Gli urlatori di certezze, sono uomini con la mente poco aperta, sono uomini della vecchia epoca.
Da questo punto di vista, l'epoca duepuntozero ci chiama a rivisitare la figura del ribelle, figura che in passato fu in qualche modo sinonimo di apertura mentale.
Il ribelle infatti, vive normalmente di certezze e le urla al mondo, convinto che chi non lo segue sia un pusillanime o uno sciocco o, peggio, in malafede. Spesso il ribelle non considera la contraddittorietà della realtà e trae le sue scelte da un eccesso di semplificazione della realtà stessa. Inoltre il ribelle tende a non cogliere la fatica dell'ottimizzazione e, in nome di un banale richiamo alla rivoluzione, tende in fondo a negare la possibilità di innovare davvero: dietro un ribelle c'è talora un imboscato.
Il nostro tempo non è fatto per i ribelli, è fatto per i tenaci innovatori, eroi della normalità.
Il ribellismo adolescenziale che caratterizza il comportamento di alcuni, in ambito aziendale, ma anche sociale e politico, non serve per capire e vivere la nuova era, porta spesso, se mai, a rimpiangere la vecchia.
Quando riusciamo ad aprire la nostra mente, partecipiamo più volentieri ed attivamente ai processi di cambiamento e sappiamo stare nel mondo che cambia, guardando con ironia ai momenti di difficoltà.
Siamo inoltre più inclini a concedere nuove possibilità a chi ha commesso un errore ed anche a chi ci ha deluso. Si, perché una mente aperta sa guardare la realtà con un certo distacco e sa mettersi in discussione: sa che in qualche modo si concorre sempre in due a una relazione, anche quando si rivelasse deludente.
Quando guardiamo gli altri con mente aperta, non andiamo in caccia dei loro limiti per poi tradurli in un'etichetta totalizzante. Guardiamo agli altri come dei campioni in pectore, dei campioni in qualcosa che magari non conosciamo, dei campioni che dobbiamo ancora scoprire e imparare ad apprezzare.
Testimoniamo la nostra apertura mentale attraverso la nostra umiltà nel chiedere aiuto, con semplicità, senza prenderci troppo sul serio.
Dal punto di vista manageriale, il principio al quale ispirarsi al fine di testimoniare la propria apertura mentale, è il seguente: Togli ai tuoi collaboratori le etichette che gli hai appiccicato. E’ il primo passo per promuoverne la crescita.